Il concetto del cerchio d’oro di Simon Sinek sostiene che ogni persona o organizazzione sa “cosa” fa e spesso lo sa esprimere anche chiaramente. Alcuni riescono anche a spiegare anche “come” lo fanno: i passi dei processi che li portano a quella scelta o attività, ad esempio come le merci vengono trattate durante il trasporto, e cosi via.
Solo in pochi saprebbero comunicare il “perché” fanno ciò che fanno.
E non si intende banalmente il profitto. Quello ne è solo la consegunza.
Il “perché” è lo scopo che si vuole raggiungere, le convinzioni che ti guidano. Perché ti svegli al mattino? Perché la tua azienda esiste? Tutti partono dal “cosa”, passando per il “come”, fino ad arrivare al “perché”.
I grandi leader pensano al contrario: partono sempre dal “perché”.
Sinek porta come esempio aziende come Nike o Apple, o uomini ispirati, come Obama e Musk. Volete portare sempre con voi la vostra musica? Volete cambiare il vostro paese? Yes, we can. Non vi propongono l’oggetto, ma il bisogno, la necessità di poter fare, di poter essere o di poter diventare. Lo scopo.
L’oggetto – il cosa –ne è solo la conseguenza.
Il cinico ed il qualunquista diranno che è solo una questione di vendita. Ma appena guardi i grandi della storia, scopri la loro visione, i risultati. Anche al prezzo della propria vita.
Paolo Borsellino disse “È bello morire per ciò in cui si crede; chi ha paura muore ogni giorno, chi non ha paura muore una volta sola”. I grandi della storia lo hanno sempre fatto: da Mandela a Gandhi fino a Martin Luther King di cui abbiamo appena commemorato i 50 anni dalla sua scomparsa il 4 Aprile appena trasorso.
Non vendevano un prodotto, offrivano una visione, un modo di essere a cui aspirare.
Ma come si applica tutto ciò alla politica di oggi? Come tutto ciò dovrebbe cambiare il modo di ascoltare i politici ed interpretare il loro messaggio politico? Cosa li differenzia gli dagli altri?
Quale partito o coalizione ha chiesto “volete un’Italia fatta così”?
Per comprendere i messaggi il progetto “StartupItalia!” (http://italia2018.startupitalia.eu/) ha eseguito un campagna di social media monitoring durante le elezioni appena concluse.
Renzi ed il PD si focalizzati sui messaggi legati ad “Avanti” e “PD”. Qualche uscita sui vaccini, ma legati ad una forma di attacco al M5S. Lo slogan diceva “Più forte. Più giusta. L’Italia”.
Salvini – Lega – ha puntato sulle parole chiave “Italia”, “Italiani” e “casa”. Lo slogan dei manifesti era “Prima gli italiani”.
Di Maio ed il M5S hanno puntato sullo slogan “Partecipa.Scegli.Cambia” e tra la parole più usate – al netto del nome del movimento stesso – sono “paese”, “italia”, “cittadini”, “domani” e “governo”.
Chi è partito dal “perché”? Il PD e FI erano impegnati a parlar male del M5S che non a proporre una visione del paese. La Lega prima ha evidenziato i difetti delle passate legislature e a demonizzare gli sbarchi, ha poi aggiustato il tiro – ma senza cogliere nel segno – focalizzandosi sui servizi “prima agli italiani”.
Il M5S in campagna elettorale è stato quello che ha iniziato proponendo uno slogan ispirato. Ha avuto grandi difficoltà a campagna iniziata a doversi slegare dalla parola cardine del passato – onestà. Non per rinnegarla, ma perchè è stata utilizzata per ridicolizzare prima il movimento stesso e poi il suo elettorato.
Anche Renzi era stato premiato dalla ”rottamazione”. Purtroppo, non seguita dai fatti con il patto del Nazareno con Berlusconi e poi al governo con Verdini ed Alfano.
Ora si suggerisce al M5S il medesimo errore. Il M5S chiarisce che con Berlusconi non solo non fa un accordo o un contratto. Semplicemente non ci parla. È come chiedere a Gandhi un governo con la regina o a Martin Luther King con il Ku Klux Klan.
Se gridi “onestà”, non puoi votare Romani o fare accordi con Berlusconi.
Al PD sfugge, perchè con Berlusconi non solo ha parlato, ma ha siglato patti. Di tutela (discorso di Violante) e poi di governo. O forse anche di più. Visto che la recente opposizione di Forza Italia puzzava di finto.
Per l’accordo, il M5S dà priorità al PD, visto il buon gusto di non presentarsi alle elezioni con FI. Mentre solo successivamente alla Lega. Non perché siano delle vestali – così come non lo è il PD – ma semplicemente per pochi punti in comune e a a patto di distaccarsi da FI.
Partendo dal “perché”, è importante che si segua il “come” di conseguenza, con la necessaria concordanza e coerenza delle azioni. Altrimenti il “perché” si svuota e la gente ti abbandona. Come la rottamazione renziana, che prima la proclama a destra e manca, ma poi tiene i medesimi personaggi un po’ ovunque – vedi De Luca – e candida perfino Casini tra le fila del suo partito.
Il “cosa” diviene dettaglio. I valori (il perché) sostenuti da contenuto e coerenza (come) si riconoscono e ispirano. Facendo volontariato, rendendosi a sacrifici, anche piccoli, come rifiutare un vantaggio, un rimborso, tagliandosi lo stipendio o rinunciando alle spettanze delle cariche ricoperte.
Se destra e sinistra vogliono (ri)tornare, devono partire dai valori. Dal perché.
Per assurdo, coloro che vengono tacciati, o che talvolta si autodichiarano, post-idelogici son coloro che più di altri partono dai valori.
Questo perchè è possibile slegare i valori dalle posizioni nell’emiciclo, figlie di retaggi del passato e che hanno generato molteplici vittime nelle ultime generazioni.
Tuttavia in molti continuano a credere che la sinistra sia progressista ed abbia a cuore il futuro dei lavoratori. Purtroppo tutto ciò mal si coniuga con il jobs act, la riforma della scuola o la precedenza data ad alcuni investimenti in ambito aeronautico militare o nell’ambito bancario.
Stesso dicasi per le destre. In Italia storicamente, le destre non sono puramente conservatrici, ma spesso hanno un carattere sociale, eredità della prima destra agli albori dell’unità d’Italia poi fatta ostaggio dal PNF. La destra Berlusconiana è quanto di più lontano dai concetti conservatori (vedi privatizzazioni e depotenziamento dei canali di Stato), di giustizia (riduzione dei tempi di prescrizione, attacchi alla magistratura, ecc) e tanto meno sociali: l’abbassamento delle tasse tanto sbandierato, non è mai avvenuto se non per i super-ricchi (ICI e proposta della flat-tax).
I valori – quelli veri – sono stati nascosti dietro bandiere oramai vuote e mai fatti priorità dell’agenda politica.
E Arundhati Roy ce lo spiega bene come vengono usate oggi: “Le bandiere sono pezzi di stoffa colorata che i governi usano prima per avvolgere il cervello della gente, e poi come sudario per seppellire i morti”.
Zürich 7 Aprile 2018
Antonio Solazzo