I miei ricordi delle proteste studentesche sono legate al governo del dottor Sottile, all’epoca Giuliano Amato. Chiamato in quel modo da Scalfari, e poi da altri tra elogio e sarcasmo, per il suo acume politico e la sua gracilità fisica. Il ministro dell’istruzione non ebbe il consenso della popolazione studentesca, non solo per l’eloquio dal tono alto, ma anche per il blocco del fumetto sull’Aids di Lupo Alberto.
Non ricordo se ci fossero altri motivi – tagli o riforme di qualsiasi tipo – di certo ricordo di aver partecipato alle prime manifestazioni in piazza e alle prime occupazioni in quel periodo. Alcune cose mi colpirono e mi fecero poi allontanare definitivamente da qualsivoglia vicinanza alla politica in periodo scolastico.
Il totale distaccamento dalla gran parte della popolazione scolastica. Molti erano per lo più interessati a perdere ore di lezione. Qualcuno mostrava un interesse per le ragioni della protesta. Pochi – o nessuno – riusciva a informare e spiegare cosa stesse avvenendo.
E poi alle manifestazione vedevo gente che consideravo “vecchia” ad imbeccare e dirigere alcuni gruppi. L’ala destra della politica studentesca era capeggiata da gente che era ben oltre i trentanni e ben nota alla città per modalità poco urbane di confrontarsi e facili all’uso delle mani. La sinistra studentesca, accanto a qualche persona realmente interessata alle problematiche della scuola, disponeva di un folto gruppo di personaggi alternativi, spesso molto ideologici e dogmatici rispetto ad alcune posizioni e figure.
Volevo capire e trovavo più interessanti le chiacchierate con i miei docenti che non con alcuni dei miei coetanei. Chiacchierate che ricordo ancora oggi, interessanti e che ho compreso molti anni dopo.
Dall’altra non ho mai amato i plagiatori – di destra – o i dogmatici – di sinistra. Per assurdo all’epoca frequentavo l’oratorio, che pur essendo un territorio cattolico, quasi mancava di figure con le due qualità sopra elencate. Sebbene poi la religione cattolica sia di per sè dogmatica. Infatti, dopo diversi anni non ho più resistito.
Il preside delle medie, coprendo i minuti che ci separavano dall’arrivo del supplente di turno, faceva l’appello. Il preside Raeli del IX nucleo era persona simpatica ed in grado di accattivare l’attenzione dei giovani. Una sua battuta classica facendo l’appello – che provocava ilarità e simpatia – era “gli assenti, si alzino in piedi”. Battuta che faceva da contraltare a quella dei docenti, quando non avendo fatto i compiti perché a causa di un’assenza non si aveva nota nel diario dei compiti assegnati, che dicevano “gli assenti hanno sempre torto”.
Di certo gli assenti erano ben in piedi a Torino ed in varie città d’Italia a protestare con questo governo e a prendersela con i manichini dei due vicepremier. La mia domanda, ieri come oggi, è: per cosa protestate?
Qualcuno ha parlato di tagli, di cui non ho visto traccia nel DEF. E per cui Di Maio pare abbia pure invitato gli studenti al dialogo, per chiunque sia aperto al confronto.
Altri parlano dei comportamenti di Salvini, chi giustifica il gesto per le affermazioni o le decisioni razziste di Salvini.
E devo dire la verità che qualunque sia la ragione che spinge le due ragazze – e coloro che hanno preparato i fantocci – ad appiccare il fuoco mi lascia prima di tutto perplesso per l’azione. E attonito nel vedere sia così facile che la violenza – verbale e non – generi altra violenza, nelle azioni.
Resto affascinato dal fatto che un centro sociale usi la parola basca Askatasuna – che vuol dire libertà – e nota alle cronache italiane ed europee per la sigla ETA. Eta viene dalle parole Euskadi Ta Askatasuna (Paese Basco e Libertà). L’ETA, per usare le parole di Wikipedia, era un’organizzazione armata terroristica basco-nazionalista separatista il cui scopo era l’indipendenza del popolo basco.
Mi chiedo, cosa possa c’entrare una parola basca, a noi nota per l’ETA, in un centro sociale a Torino. Sono per l’indipendenza? Oppure sono per il terrorismo armato? Spero di no.
Vorrei poi chiedere a questi ragazzi e a queste ragazze se si sono mai soffermati sull’origine dell’appiccare il fuoco a dei fantocci, alle prime tracce che ne abbiamo nelle parole di Giulio Cesare nel De Bello Gallico.
Chissà poi se questi ragazzi del centro sociale, conoscono il movimento del ’77, degli obiettivi di contestare il sistema dei partiti e dei sindacati. E se studiando tutto ciò, si siano chiesti per caso se oggi ci sia per la prima volta un Movimento – i cinque stelle – che provano a cambiare un sistema di partiti incancrenito e provano un dialogo diverso con i sindacati. Scevro dalle lotte di potere o dagli scambi di poltrone, ma vicino più ad una dialettica volta a sostenere lo sviluppo del lavoro e dei lavoratori.
Cari ragazzi che protestate, riuscite a scrivere due o tre frasi. Semplici. Soggetto, verbo e complemento. E ci spiegate, a tutti, per cosa protestate.
Senza violenze.
Senza minacce di fantocci bruciati.
Torino in fondo non è Gaza, nè tantomeno un villaggio di druidi.
Siate migliori dei vostri predecessori: i miei coetanei oltre a farsi le canne e a picchiarsi tra di loro – si, quelli di destra con quelli di sinistra – a ripetere a pappagallo parole di altri, non sapevano mai spiegarti perché protestavano.
I docenti invece, mi spiegavano il federalismo di Spinelli, l’idea di Europa – si, quella che i tecnocrati hanno tradito – e l’importanza di studiare per comprendere. Del confronto sopra le urla.
Siate presenti a voi stessi, siate presenti alla vita e alla società.
Gli assenti si alzino in piedi.
AS 13.10.2018