Svelato il nuovo governo! Strategia politica: l’unica soluzione

I grandi leader comunicano partendo dal perché, ma come affrontano le loro battaglie?
Robert Greene nel suo “Le 33 strategie della guerra” raccoglie e organizza le strategie di diversi condottieri, strateghi e politici come Annibale, Napoleone e Margaret Tatcher. Divide queste strategie essenzialmente in cinque gruppi:

  • Predisporsi alla guerra
  • Organizzazione e team
  • Approcci difensivi
  • Approcci offensivi
  • Tecniche non convenzionali

Strategie che ritrovate in parte – o completamente – trattate anche nel famoso libro di Sun Tzu “L’arte della guerra” o nei tanti trattati sugli scacchi.

Come tutto ciò si riflette nelle strategie dei vari partiti in questi giorni di consultazioni? Come si muovono il Pd, la Lega, il centrodestra ed il M5S? Per capirlo, bisognerebbe prima identificare le parti in causa – o come direbbe Greene, chi è il tuo nemico. Per noi che osserviamo, chi sono le varie parti in causa.

Appare chiaro che nel comparto del centrosinistra il Pd (18%) è il partito che guida, seguito – con vari distinguo – da LeU ed altri partiti molto più piccoli che hanno poca influenza sui giochi di potere di questi giorni. Il Pd sin da subito dichiara di voler essere all’opposizione e che non dialogherà con il M5S né con la Lega. Loro hanno la maggioranza e loro dovranno formare il governo.

Ora a parte il concetto un po’ bizzarro (visto che M5S e Lega non si sono presentate in coalizione), il Pd è il secondo partito più votato e la terza forza in campo se guardiamo alle coalizioni. In passato questi partiti – vedi UdC ed altri – hanno avuto un ruolo chiave per la formazioni di governi al di fuori dei perimetri delle coalizioni esistenti, sia di sinistra che di destra. E nell’attuale dialettica politica, è fuori di ogni dubbio che l’ala renziana che è maggioritaria è da considerarsi più vicina al centro che non alla sinistra. Più simile alla DC che non al PCI, per usare categorie politiche della prima repubblica.
Strategicamente avrebbe una possibilità unica, anche considerando che è uno dei partiti che avrebbe da perdere più di altri in elezioni anticipate: il rischio di andare sotto il 15% è reale e significherebbe disgregare quanto rimane del partito stesso.
L’arrocco negli scacchi viene fatto per difendere il proprio Re dagli attacchi perpetrati dal tuo avversario. Ma quale forza attacca il re del Pd?
Teoricamente Renzi dovrebbe essersi già dimesso, ma appare chiaro che le truppe renziane sono tutte lì, elette e ben posizionate all’interno del partito e nell’emiciclo istituzionale. Il re è stato deposto dal popolo con il voto, ma come ogni tiranno che si rispetti non lascia lo scranno facilmente. E questo è chiaro a tutti: dopo aver detto che avrebbe smesso di far politica dopo il referendum è rimasto lì. Al suo posto. Riprovandoci non una, ma diverse volte. E appare chiaro che anche in questo caso, non mollerà l’osso tanto facilmente. Sembra che gli attacchi al re non siano esterni, quanto più interni di chi oramai si è stancato di una politica del segretario che non paga mai alle urne. E che fa migrare voti dal centrosinistra verso il M5S.

Il M5S (32%) voleva vincere da solo, ma con questa legge elettorale sarebbe impossibile per buona dei partiti della storia repubblicana. Chi ha ideato la legge elettorale o è ignorante oppure è stato un fine stratega che non voleva che si potesse governare da soli. Nè in coalizione, né come partito. Se si andrà subito alle elezioni, il voto sarà ancor più polarizzato avvantaggiando – seppur minimamente – M5S e Lega.
Tutta via, il M5S ha fatto due aperture. La prima al PD su un contratto di governo su pochi punti programmatici chiari da decidere assieme. La seconda alla Lega simile, ma con clausola accessoria stringente sull’abbandono dell’ormai ex-cavaliere ottuagenario di Arcore.
Perché il M5S apre? Ci potrebbero essere diversi motivi. Ne elenco solo due per brevità:

  • il primo è che gli elettori non gli perdonerebbero mai una rincorsa immediata al voto, senza nemmeno un vero tentativo di governo su punti programmatici
  • il secondo potrebbe essere che forse il M5S ha veramente a cuore il destino del paese e, anziché chiudersi a riccio sulle proprie posizioni, si apre a punti comuni con le altre forze in campo per l’evoluzione del paese.

Perché allora il PD non accetta? Anche qui, due opzioni:

  • la prima è che strategicamente vorrebbe riportare i voti del centrosinistra sul Pd stesso. Ed il modo migliore per farlo sarebbe avere un governo M5S-Lega che possa mostrare gli antichi difetti della Lega: venature di razzismo, dialettica nazionalista e possibilmente qualche nuovo scandalo sugli usi dei rimborsi elettorali. L’Espresso ha già pubblicato un ottimo reportage di recente in tal senso dove diverse domande dovranno trovare risposta proprio dal suo segretario in carica.
  • la seconda è che l’attuale segretario dimissionario (ma ancora ben reggente) finirebbe in totale minoranza con un simile accordo, aprendo le porte ai vari Emiliano, Orlando e Martina. Sebbene quest’ultimo non pare voglia allontanarsi dalla visione renziana dell’arrocco.

Ci sarebbe la terza opzione che il Pd abbia avuto un comportamento a specchio rispetto ai precedenti incontri con il M5S, prima con Bersani e poi con Renzi. Ma non è una vera opzione, è pura ed insopportabile propaganda che volutamente ignora gli avvenimenti. Oppure di quegli elettori con la memoria da pesce rosso o fanatici. Bersani dichiarò pubblicamente che non voleva fare un governo con il M5S, ma gli chiedeva solo i voti. Con Renzi invece, il M5S prima propose di mettersi d’accordo sul nome del Presidente della Repubblica che avrebbe aperto “praterie” per accordi. Invito rispedito al mittente che ha anche dilaniato il Pd stesso con i famosi 100 franchi tiratori. Anche se lì il bersaglio era Romano Prodi, comune nemico di Berlusconi, Renzi, D’Alema… e tanti altri. Fatto che mi istilla immediata simpatia per Romano Prodi. Non solo, è l’unico che che ha veramente sconfitto due volte Berlusconi alle elezioni.
Dopo il monologo con Renzi, Grillo spiegò chiaramente che Renzi prima di entrare e sedersi per lo streaming, anticipò che non aveva alcuna intenzione di dialogare su un governo di scopo, bensì voleva solo parlare. Lì il buon Grilo decise di non farlo parlare affatto. A mio parere un errore strategico, perché farlo parlare ha spesso portato più svantaggi che vantaggi all’ex sindaco di Firenze. E poi era una occasione d’oro per metterlo all’angolo con punti stringenti e chiari come legge forte sulla corruzione, finanziamento pubblico ai partiti, vitalizi e conflitto di interessi che avrebbero sortito un miglior effetto comunicativo e d’immagine. Mentre potrei essere d’accordo sull’errore di approccio e comunicativo del M5S nell’occasione, dissento fortemenete sul fatto che il Pd abbia mai fatto una apertura onesta verso il M5S e che quindi oggi si comporti a specchio.
L’apertura del M5S è vera e lo espone di fronte all’elettorato intero.

Nel centrodestra tutti si sono affrettati a riconoscere la vittoria della Lega (17%) a guida di tutta la coalizione: FI (14%) e FdI (4%). In fase di campagna ognuno ha cercato di portare avanti le proprie battaglie e provato ad arrivare primo all’interno della coalizione. Il punto è che la strategia divide et impera funziona quando è il leader a dettare la strategia stessa. Parrebbe però che il leader della coalizione dovrebbe venir fuori dai risultati delle elezioni e di conseguenza sarebbe Salvini.
Ora se volessimo valutare dai comportamenti avuti dopo le elezioni, inizia a sorgere qualche dubbio.
Iniziamo dall’elezione del presidente del Senato. Ragione vorrebbe che il nome – o la rosa dei nomi – avesse una forte componente leghista. Ed invece, prima Romani e poi Casellati vengono entrambi da Forza Italia. E Berlusconi stesso a dettare la linea e a infastidirsi quando all’interno del suo gruppo, Lega e M5S sembrano convergere sul nome di Bernini (sempre FI).
Per il primo giro di consultazioni ogni partito si è presentato con la propria delegazione da Mattarella. Segno che non stiamo parlando di una coalizione vera e propria, ma di un trittico di partiti che si sono messi assieme per convenienza e che oggi portano al Presidente della Repubblica prima le loro singole istanze. Ciò che non è chiaro è se si siano presentati da soli per aprire alla proposta del M5S o per altre ragioni di strategia di comunicazione. Io credo la seconda sia l’unica possibile opzione e vi spiego perché. Appare chiaro – e devo dire di non aver mai creduto ad una Lega che si stacca da FI – che la coalizione di centrodestra non si sfalderà per venire incontro al M5S.
Quali siano i motivi non ci è dato sapere, visto che l’elettorato leghista è composto da tanti delusi di Forza Italia che non farebbero mai un governo con il PD, ma che spesso vedono di buon occhio molte delle proposte del M5S. Il dubbio – legittimo e dettato dalle tante dichiarazioni e comportamenti di Salvini – è che Forza Italia possa contare diverse “azioni” (shares) sulla Lega: ciò che è da comprendere è la natura di tali shares. Sono esse di natura economica (Berlusconi ha finanziato la Lega), di natura politca (la presenza di Bossi ed i patti di FI e Lega in diverse regioni, province e comuni) o – e lo presento solo per completezza di casistica, non perché crediamo in alcun modo che ciò sia lontanamente possibile – di natura ricattatoria (B. o FI sono a conoscenza di scheletri nell’armadio della Lega o di altri componenti chiave del partito stesso e quindi li tengono per la gola). Ma è una ipotesi solo fantasiosa l’ultima, deve essere di sicuro solo una delle prime due.

A questo punto, quali sono le uniche possibilità di governo di  fronte di quanto descritto finora? Ne elenco tre dove, visti i risultati del 4 Marzo, solo una si potrà realisticamente avverarsi considerando i protagonisti in campo

  • Il Pd apre alla proposta del M5S. Si mettono d’accordo su legge sul conflitto di interessi, legge sulla corruzione, vitalizi e legge elettorale e poi si va al voto.
    Prerequisiti affinché ciò accada: il Pd deve disarcionare Renzi e convenire su almeno 2 punti riportati, più la nuova legge elettorale.
    Possibilità di realizzazione: prossime allo 0%. Non tanto perché nel Pd non vogliano liberarsi di Renzi e del renzismo, ma per una fortissima paura di rinforzare ulteriormente il M5S.
    Chi ne trarrebbe vantaggio: Pd e M5S. La Lega avrebbe risvolti positivi se l’accordo dovesse prolungarsi oltre il dovuto, dovesse fallire, ci fosse un evento di natura terroristica o una legislazione/direttive volte ad incrementare l’arrivo di clandestini sul suolo italiano.
  • Lega e M5S fanno un governo di scopo su conflitto di interessi, legge sulla corruzione, vitalizi e legge elettorale. Flat tax e reddito di cittadinanza insieme non avrebbero coperture per essere realizzati assieme e nessuno dei due farà un passo indietro per permettere all’altro il miglior spot elettorale possibile.
    Prerequisiti: la Lega deve abbandonare Berlusconi.
    Possibilità di realizzazione: direttamente proporzionale all’inesistenza dei vincoli elencati nel paragrafo Lega. Ed è mio parere che almeno uno dei primi due è soddisfatto (il terzo è irrealistico, non ci crederebbe nessuno), quindi vedo anche questa possibilità molto prossima allo 0%.
    Chi ne trarrebbe vantaggio: M5S e Lega.
  • Centrodestra e frangia di “responsabili” (Renziani ed ex-DC di lungo corso) si mettano d’accordo per un governo semi-tecnico il cui scopo sia di governare in continuità con le linee di Gentiloni, guadagnare tempo lavorando ai fianchi il M5S e trovarne punti deboli da esporre all’opinione pubblica. Il fatto che il Pd renziano abbia contemplato questa strategia è visibile dal fatto di aver offerto rifugio a personaggi come Casini et similia.
    Questo governo semi-tecnico potrebbe inizialmente partire con l’idea che, visto che il M5S e la Lega hanno fallito a trovare una soluzione, ci sono temi urgenti sull’agenda politica che hanno bisogno di un governo di questo taglio. La Lega vestirebbe i finti panni dei responsabili del caso e appoggerebbe il governo. Salvo poi defilarsi dopo poco tempo per fare il medesimo gioco di Berlusconi con Letta-Gentiloni per poi rifarsi una verginità mai avuta (ricordo che la Lega ha votato questa legge elettorale).
    Prerequisiti: che le prime due non si avverino e che i democristiani-renziani vengano allo scoperto coprendo ruoli rilevanti in questo governo semi-tecnico.
    Possibilità di realizzazione: vista la bassa probabilità delle prime due e l’altissima volontà di Pd e FI di non andare alle urne in breve tempo, questa è la soluzione più probabile.
    Chi ne trarrebbe vantaggio: se governano come sotto Letta, Renzi e Gentiloni, il M5S avrebbe i maggiori vantaggi. Gli elettori moderati della Lega migrerebbero sul M5S permettendogli di raggiungere vette di preferenze mai viste nel panorama repubblicano da un singolo partito. Il M5S dovrebbe però essere cauto e lavorare ai fianchi il governo sui temi, continuando a portare in discussione in parlamento i temi più cari. Il Pd rischierebbe l’estinzione così come FI per sopraggiunta sublimazione del suo capo ultra-ottuagenario, che senza di esso non avrebbe più alcuna ragione di esistere.

 

Ci sarebbe anche la possibilità di elezioni politiche quasi immediate. Ma ci sarebbero troppe incognite e partiti che avrebbero troppo da perdere: i piccoli (LeU, FdI), Pd e FI. Il rischio che il voto si ultra-polarizzi su M5S e Lega sarebbe altissimo, sebbene i sondaggi dicano che solo tra i 20 ed i 30 seggi cambierebbero.

Lo dissi agli amici mesi fa, l’ho ripetuo subito dopo le elezioni e ieri sera a cena: vedremo a breve un governo di centrodestra con una parte del Pd.

Non è ciò che auspico e mi auguro di sbagliare, purtroppo è ciò che accadrà. Spero solo che il Pd possa per una volta smentirmi con i fatti.
Come dice Greene parlando del controllo delle dinamiche, bisogna forzare le strategie del nemico, ed al momento visto il blocco di chi ha votato l’attuale legge elettorale (Pd-FI-UdC-Lega e tanti piccoli altri partiti) appare chiaro che ci sono due parti in causa: il M5S ed il resto dei vecchi partiti arroccati sulle loro posizioni. Questi ultimi sono di più e vorranno forzare le strategie del M5S. E l’unico modo per farlo è essere al comando.

8 Aprile 2018

Antonio Solazzo

Antonio Solazzo